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FOGLIO SETTIMANALE 02/03 - 09/03

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VIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO / C - DOMENICA 2 MARZO 2025

UNA PAROLA BUONA

Il rapporto che c’è tra la parola e il cuore è simile a quello che intercorre tra il frutto e l’albero. Un frutto buono rivela la bontà dell’albero; così la parola, dice il Siracide, rivela i pensieri del cuore e la bocca esprime – secondo Luca – «ciò che dal cuore sovrabbonda». Quali sono queste parole buone che manifestano la bontà del cuore? Gesù ne ricorda qualcuna. È la parola con la quale riconosciamo la trave che c’è nel nostro occhio e che non esitiamo a rimuovere attraverso cammini di conversione, che ci impediscano di diventare “ciechi che guidano altri ciechi”. La parola buona sa correggere con mitezza chi sbaglia, aiutandolo a rimuovere la pagliuzza che può esserci nel suo occhio, per rendere luminosa la sua vista, di modo che sia lui a guidarci sul cammino della vita. Parola buona è quella che sa infondere coraggio e speranza, ricordando a tutti, come fa san Paolo con i Corinzi, che i nostri sforzi non sono vani se fondati sulla vittoria pasquale di Gesù, che ha vinto per sempre il peccato e la morte. È questa speranza che ci rende saldi e irremovibili, come alberi ben piantati nel terreno, capaci di produrre come frutto parole di consolazione e fiducia.

Il paragone dell’albero e dei suoi frutti è il filo conduttore che attraversa le letture di questa domenica. Nel Vangelo, poi, Gesù, parlandoci di albero buono e albero cattivo, vuol farci capire che per essere l’albero buono che produce frutti buoni bisogna avere un cuore buono. Solo così la nostra fatica non sarà vana.

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La Domenica

FOGLIO SETTIMANALE 16/02 - 23/02

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VI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C) - DOMENICA 16 FEBBRAIO 2025

Nel Vangelo di Luca, le beatitudini si rivolgono a coloro che hanno già scelto il Signore, ai discepoli. Seguirlo significa abbandonare tutto (Lc 9,23), rinunciare agli agi (Lc 9,58), essere detestati (cf. Gv 17,14), allontanati dalle cerchie del potere, dai soldi e dall’onore (cf. Gv 16,2).
Il credente che riesce dappertutto, che riceve dal mondo ossequi e considerazione, si metta a tremare, si inquieti perché sarà inghiottito e digerito dal mondo che ama possedere (cf. Gv 15,19).
Non si tratta di demagogia né di paura della vita. Gesù non è un dotto professore di etica, né un sistematico autore di trattati di morale. La sua predicazione è una denuncia profetica: frasi corte e forti contrasti.
Le sue parole rimandano a situazioni correnti: l’abbondanza dei beni, la ricerca insaziabile del piacere, il desiderio del successo e dell’applauso,... tutte queste pretese producono la vanità (danno una falsa sicurezza), rendono orgogliosi (ci fanno credere che siamo più importanti degli altri), divinizzano (molte persone adorano coloro che posseggono e si prostrano davanti a loro), induriscono (rendono incomprensivi e privi di solidarietà), corrompono (finiscono per opprimere, credendo di farlo anche con la benedizione di Dio).
Le beatitudini ci avvertono seriamente: stabiliamoci nella verità di Gesù e cerchiamo di non sbagliarci nel momento decisivo.

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FOGLIO SETTIMANALE 09/02 - 16/02

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DOMENICA 9 FEBBRAIO 2025

"ECCOMI, MANDA ME!"

l racconto della vocazione di Isaia – un profeta vissuto otto secoli prima di Cristo – è ambientato nella cornice luminosa e solenne del tempio, dove risplendono la santità e la gloria di Dio («Santo, santo, santo il Signore degli eserciti! Tutta la terra è piena della sua gloria»). Il profeta riconosce la propria indegnità di fronte alla chiamata che ha ricevuto («Un uomo dalle labbra impure io sono»). Ma Dio gli pone su queste stesse labbra una parola piccola piccola (“Eccomi”), ma ricca di efficacia (“Manda me!”). La chiamata di Simon Pietro si colloca nella cornice della vita quotidiana di pescatore, che scorre sul lago di Tiberiade. Dopo una notte di fatica e di insuccesso («Abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla») interviene Gesù con l’efficacia prodigiosa della sua parola («Prendi il largo e gettate le reti per la pesca») e con la promessa di trasformare il lavoro di pescatore sul lago di Tiberiade nella missione di portare la salvezza a quel lago che d’ora in poi sarà il mondo degli uomini («Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini»). È la salvezza annunciata da Paolo, dagli apostoli e oggi dalla Chiesa (II Lettura).

Rendere a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio è la risposta di Gesù a una domanda tranello. È chiaro che solo a Dio si deve dare tutta la nostra persona e che, al contempo, va dato il proprio contributo leale alle istituzioni civili. Questo Gesù lo insegnerà con la sua vita e l’obbedienza della Croce, quando i suoi avversari sceglieranno di stare dalla parte del potere umano e non dalla parte di Dio. 

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La Domenica

FOGLIO SETTIMANALE 02/02 - 09/02

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DOMENICA 2 FEBBRAIO 2025

DOVE NASCE LA SPERANZA

L’attesa profonda di un uomo anziano racchiudeva quella di un intero popolo: Simeone «aspettava la consolazione d’Israele». Nasce così la speranza cristiana, da un’attesa che scava il cuore e si protrae nel tempo, come lo sfregare di legno su pietra: prima viene il calore e poi nasce una scintilla. Vale la pena vivere l’“urlo” di gioia e dolore per sentir nascere in noi la fiamma dello Spirito, piccola come quella oggi accesa tra le nostre mani, grande come la luce interiore della promessa che ha guidato il vegliardo: «I tuoi occhi vedranno Cristo»! È la “festa dell’incontro” tra il Signore che entra nel suo tempio (I Lettura) e la Chiesa-umanità che lo accoglie tra le braccia (Vangelo). Il «Re della gloria forte e valoroso» che attendevamo (Salmo) ha gli occhi del piccolo Bambino offerto al Padre. Tanto Dio si è avvicinato a noi per abbracciarci da lasciarsi abbracciare, lui che ha voluto avere in comune con noi «il sangue e la carne», cioè la fragilità della condizione umana fino al suo limite estremo, la morte (II Lettura). Ecco l’abbraccio d’amore che nutre la speranza: l’incontro tra Dio e il suo popolo. 

Rendere a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio è la risposta di Gesù a una domanda tranello. È chiaro che solo a Dio si deve dare tutta la nostra persona e che, al contempo, va dato il proprio contributo leale alle istituzioni civili. Questo Gesù lo insegnerà con la sua vita e l’obbedienza della Croce, quando i suoi avversari sceglieranno di stare dalla parte del potere umano e non dalla parte di Dio.

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